• No results found

4. LA TRADUZIONE DELLA LETTERATURA INFANTILE

4.3. Quando la forma non si abbina bene al contenuto

Ritorniamo alla nostra domanda chiave, se Rolf Enger abbia veramente trovato Le avventure di Pinocchio in lingua norvegese. Una domanda che ha come punto di partenza l'ipotesi che le traduzioni delle Avventure sono risultati da letture che cercano piuttosto di riprodurre la Storia di un burattino sul piano contenutistico, e non Le avventure di Pinocchio, che sarebbe il materializzarsi del movimento, del ritmo, del suono e delle emozioni.

Il nostro metodo è qualificativo: abbiamo l'intenzione di mostrare tendenze, non di verificare delle ipotesi. L'approccio che abbiamo scelto è un approccio sia linguistico sia letterario e culturale. Da una parte facciamo una comparazione tra il testo di partenza e i testi di arrivo sul piano lessicale-semantico e stilistico, adoperando come strumento la tipologia del concetto di equivalenza, e dall'altra parte facciamo una descrizione critica delle scelte traduttive nel loro contesto storico-culturale.

Lo studio è piuttosto orientato verso il testo di partenza: non andiamo quindi oltre la prima ricezione del testo, cioè la lettura del traduttore, la conseguente riproduzione del testo, e la forma esteriore della traduzione.

La ricerca fatta da Sonia Marx (1990) sulle traduzioni delle Avventure di Pinocchio in lingua tedesca, è stata molto utile per il presente studio e per la scelta metodologica. A differenza del nostro studio, Marx ha fatto una ricerca molto più ampia della ricezione tedesca delle Avventure, e ha analizzato tutte le traduzioni ed i rifacimenti delle Avventure apparse in

lingua tedesca. Nel nostro studio presentiamo un'analisi dell'adattamento culturale del testo tradotto, come in Marx, ma ci concentriamo anche sulla stilistica comparativa, ovvero la problematica della riproduzione creativa della letterarietà del testo originale. Inoltre presentiamo le nozioni di straniamento e di addomesticamento. Infine, avendo una scelta di testi primari molto più ristretta, la nostra scelta di esempi esplicativi e lo spazio dato alla discussione di tali esempi sarà più ampio.

Abbiamo una scelta di tre traduzioni delle Avventure, storicamente lontane l'una dall'altra: Munthe 1921, Konow-Lund 1956 e Lømo 1988. Questa scelta è dovuta in primo luogo al fatto che abbiamo voluto presentare una tradizione norvegese di letture delle Avventure. Abbiamo anche fatto questa scelta perché così si può discutere la traduzione come un'attività storicamente determinata, e dunque scoprire che, mentre esiste solo un originale, esistono tante traduzioni. È però da chiedersi se le letture norvegesi delle Avventure presentino una varietà di letture, oppure se, nonostante delle differenze tra l'altro nelle scelte lessicali, esse si presentino come delle letture abbastanza simili. In alcuni casi per fare un paragone sincronico nel tempo, la traduzione norvegese viene paragonata con una traduzione in svedese (Pipping 1904) e con due traduzioni in danese (Jespersen & Pio 1929) e (Brix 1982).

Avvertiamo che ci atteniamo alle letture critiche delle Avventure di Pinocchio presentate nel capitolo tre. Non supponiamo che i ragazzi-lettori moderni, sia italiani sia norvegesi, abbiano lo stesso Erfahrungshorizont ('esperienza pratica quotidiana') (Marx 1990: 17) dei ragazzi-lettori dell'Ottocento. Le parole stesse hanno cambiato significato e connotazioni.

Anche la morale della storia susciterebbe diversi sentimenti in un ragazzo di oggi rispetto a quelli suscitati nei ragazzi dell'epoca di Collodi.

Uno strumento molto utile nella descrizione della relazione tra testo di partenza e testo di arrivo è, come già detto, il concetto di equivalenza. Come abbiamo sottolineato nelle premesse teoriche, ci atteniamo al modo in cui Toury intende tale concetto40. Di conseguenza cerchiamo di non adoperare il concetto in maniera prescrittiva, cosa che implicherebbe una gerarchia di equivalenze che un traduttore dovrebbe rispettare. Adoperiamo nella nostra analisi la terminologia di Koller (1989: 100), e scegliamo di interpretare ed adoperare un elenco di tipi di equivalenze in questa maniera:

40 Toury, Gideon (1995: 61): " [Translational equivalence] Rather than being a single relationship, denoting a recurrent type of invariant, it comes to refer to any relation which is found to have caracterized translation under a specific set of circumstances."

1. Equivalenza denotativa, che sarebbe il significato concettuale di un termine41, o più semplice quando c'è un consenso comune tra i parlanti di una comunità, che il segno 'cane' oppure 'hund' riferisce a quell'animale domestico che abbaia. Idealmente abbiamo equivalenza denotativa quando 'cane' viene sostituito con 'hund' nei casi dove il parlante non intende altro dicendo 'cane' che quell'animale a quattro zampe. Per la problematica di polenta e maisgrøt42 il discorso è però diverso, e abbiamo:

2. Equivalenza connotativa, che varrebbe anche per il discorso del 'cane', ma almeno per polenta e maisgrøt che indicano lo stesso tipo di cibo in italiano ed in norvegese, ma che hanno diverse connotazioni nelle due culture, vale a dire che suscitano diversi sentimenti e associazioni nel ricevente. Il valore connotativo è legato al sistema linguistico di una cultura, e non al singolo parlante, e sarebbe ciò che un termine possa significare oltre il significato denotativo.

3. Equivalenza comunicativa (pragmatica) è un valore che nasce nella relazione comunicativa tra l'emittente e il ricevente, vale a dire che una traduzione è "intonato" verso il ricevente.

4. Equivalenza espressiva (estetico-formale), che riferisce a tutto quell'insieme di strumenti stilistici e tecniche letterarie che hanno un valore espressivo e comunicativo piuttosto che referenziale: le scelte linguistiche particolari, ritmo, rima, gioco di parole, ossia la "scrittura", cioè tutto quel "corpo" di cui abbiamo parlato prima.

I primi due tipi di equivalenze hanno a che fare con il valore semantico dei segni linguistici. Va notato che il riferimento e il significato concettuale di una parola possono però sovrapporsi. Le ultime due equivalenze hanno a che fare con la funzione e con lo stile di un testo. Per quanto riguarda l'equivalenza espressiva il suo valore non si trova nel suo riferimento al mondo reale, ma nella funzione espressiva del segno per sé.

Da notare che i tipi non vengono adoperati in modo assoluto, vale a dire che una scelta traduttiva può essere considerata sia equivalente nel senso comunicativo e insieme equivalente nel senso denotativo. Teniamo anche conto della relatività storica dei tipi di equivalenza, in quanto una scelta traduttiva può essere considerata equivalente in un contesto storico, mentre non risulta equivalente in un altro contesto storico: i tipi sono relativi, e anche in molti casi soggettivi.

41 Umberto Eco (2003: 92) presenta la nozione di "Contenuto Nucleare" di un dato concetto per poter riconoscere un dato oggetto.

42 Esempio che verrà analizzato nel cap. 5, in quanto il soprannome di Geppetto è Polendina.

Cerchiamo inoltre di dedurre le strategie traduttive dei testi di arrivo, che secondo noi sono determinate dalla funzione della traduzione nella cultura di arrivo, e dunque anche dal presupposto pubblico di lettori, ma anche dalle norme linguistiche, letterarie, culturali ed ideologiche della cultura di arrivo. Le strategie traduttive: avvicinamento/allontanamento e straniamento/addomesticamento, non si possano però considerare in maniera assoluta. Per primo, perché sono concetti abbastanza teorici e non sono necessariamente usate coscientemente dal traduttore nella sua pratica traduttiva. A volte il traduttore lo fa e lo descrive anche in una prefazione alla traduzione, ma è raro. Per quanto riguarda la seconda coppia di strategie traduttive risulta utile il concetto di addomesticamento nella nostra descrizione delle scelte traduttive, mentre il concetto di straniamento lo vogliamo adoperare piuttosto per ragioni normative, per mettere a fuoco quello che forse mancherebbe nella traduzione norvegese delle Avventure.

La maniera in cui il traduttore può adattare o avvicinare il testo alla cultura di arrivo può essere di vario grado: dalla sostituzione di un termine con un tipo di equivalente a diversi gradi di parafrasi, ad omissioni, oppure aggiunte esplicative e altri tipi di compensazioni, e infine possiamo trovare un adattamento radicale, che influisce sulla localizazzione dell'intero testo (Klingberg 1986: 18), ovvero un tipo di addomesticamento del testo. Ci chiediamo se una conseguenza di questi adattamenti possa essere una semplificazione oppure infantilizazzione del testo originale.

Prima di presentare il materiale dobbiamo dire qualche parola sulla struttura della nostra analisi. Per evitare una struttura troppo lineare e ripetitiva abbiamo scelto di presentare gli esempi da tre diverse angolazioni. Nella prima parte della nostra analisi esamineremo le indicazioni più esplicite, nei testi di arrivo, relative al ruolo del traduttore, al presupposto pubblico di lettori, e al genere letterario in cui si inserisce la traduzione rispetto all'originale.

Nella seconda parte faremo un'analisi profonda del materiale alla luce delle tesi di Klingberg dell'adattamento del contesto culturale, e verranno analizzate principalmente le scelte lessicali e il loro valore semantico. Nella terza parte l'attenzione verrà focalizzata intorno alla maniera in cui sono stati ricreati l'espressività e il valore comunicativo, ossia la letterarietà, delle Avventure.

5. MATERIALE